Il concetto, la parola “casa” per ciascuno di noi ha probabilmente un significato diverso: dove si è cresciuti, dove si abita o dove si è vissuto un periodo particolarmente importante.
Per me “casa” è e sarà la casa dei miei genitori, quella in cui sono cresciuta con genitori, fratello e sorelle, arredata e modificata nel tempo come una tradizionale casa “borghese” ma con una dimensione libera dell’abitare, che la rendevano particolare per me e per tutti noi. Era una casa allegra, con il mare in vista dai balconi un po’ lontano ed una bella luce di levante e di mezzogiorno. Non c’era “il salotto buono” ma un bel salotto dove vivere la quotidianità e giocare: i bordi regolari di un tappeto persiano, per esempio, per me e mio fratello erano una pista per “ramette” (gioco temo estinto). E’ stata per noi, con i limiti che la vita impone, una casa felice. Negli anni gli inquilini fissi sono cambiati. Mia madre è mancata lì, con noi vicino a lei. Mia sorella Marina, è diventata la nuova “inquilina” e il centro della famiglia: il Natale, uno dopo l’altro, è stato vissuto sempre lì, tutti uniti con lo stesso affetto.
Quando Marina, troppo presto e senza preavviso, ci ha lasciato mi è stato subito chiaro come un’epoca fosse fatalmente finita. Ho sentito allora l’esigenza di fotografare la casa: che era sì “LA CASA” ma anche specchio della sua identità. I suoi oggetti, il suo ordine disordinato, il suo studio, le sue foto, gli oggetti conservati con affetto nel tempo, mi trasmettevano un’immagine di mia sorella che sentivo il bisogno di conservare.
Per questa ragione, in maniera quasi maniacale, ho fotografato tutti gli ambienti e quello che contenevano; le fotografie che presento sono una selezione di quello che ho fotografato nelle due-tre settimane successive alla sua perdita.
My interest for house interiors started after the loss of my older sister Marina in 2013. In the days after her death I took pictures of her house in a systematic way, every room, every detail, searching for memories of her past, my past, my family past. I understood from that experience the obvious fact that the place where we leave is a geological stratification of our lives. Every object, also the most trivial, has a secret life only known to the house inhabitant.